E’ già stata rilevata l’importanza di comprendere e decifrare i messaggi del corpo. Questa sezione si concentra sulla depressione, caratterizzata dalla perdita di speranza e di energia, da una grande spossatezza, paure di ogni tipo, mancanza di iniziativa e d’interessi per qualunque cosa. A volte la depressione è accompagnata da una forte ansia, oppure l’ansia può subentrare senza una depressione vera e propria.
Tutti questi sintomi possono comparire simultaneamente o isolatamente anche in una persona che vista dall’esterno in apparenza funziona bene, che magari si immerge nel lavoro con risultati apprezzati. Quando poi subentra quasi all’improvviso uno stato ansioso o depressivo, si ha la sensazione che il corpo voglia “guastare la festa”, quasi fosse un nemico, senza capirne il motivo. Non si è abituati a considerare i sintomi del corpo come degli alleati – anche se probabilmente molto “scomodi” – per comprendere qualcosa di importante, di cui spesso non si è consapevoli.
La depressione in estrema sintesi può essere considerata “il prezzo che l’adulto paga per aver rinunciato a se stesso. Egli si é sempre chiesto che cosa gli altri volessero da lui, e perciò succede che lui non solo trascuri i suoi bisogni e sentimenti primari, ma che non li conosca proprio. […] E’ come se, attraverso la depressione, il corpo protestasse contro questo tradimento nei confronti di se stessi, contro le ipocrisie, il distacco dai veri sentimenti e bisogni, poiché esso non può vivere senza sentimenti autentici. Il corpo necessita del libero fluire delle emozioni che cambiano costantemente: la rabbia, il dispiacere, la gioia. Quando esse vengono bloccate nella depressione, il corpo non può più funzionare in maniera normale”[1].
Il corpo invece é consapevole dell’importanza di poter vivere i sentimenti più vitali e autentici, e “osa” comunicarlo con la depressione, insistendo perché sia possibile uscire dallo stato di sfinimento acquisendo nuova energia, in quanto non è più necessario spenderla per rimuovere la verità. Altrimenti, per costringerlo nonostante tutto a una certa normalità, vengono impiegati mezzi di qualsiasi tipo: droghe, alcol, nicotina, farmaci, immersione nel lavoro. Ma con questi espedienti il malessere prima o poi rimane e non si riesce ad entrare in contatto con se stessi, con la propria verità: “l’idea di non essere stati amati davvero dai propri genitori mi pare risulti insopportabile alla maggior parte delle persone. Quanto più numerosi sono i fatti che alludono a questa mancanza, tanto più invece gli individui si aggrappano all’illusione di essere stati amati. Si aggrappano anche ai sensi di colpa, delegati a confermare che la mancanza di cure amorevoli da parte dei genitori si era verificata solo per colpa loro, per i loro errori e fallimenti. Nella depressione, il corpo si ribella a questa bugia. Molti preferirebbero morire, o muoiono simbolicamente devitalizzando i propri sentimenti, piuttosto che vivere l’impotenza di un bambino piccolo che viene usato dai genitori (non importa se inconsapevolmente) per soddisfare i propri bisogni o come bersaglio per i sentimenti di odio che essi hanno accumulato nel tempo, o per ricevere amore invece di offrirlo. Il fatto che la depressione sia una delle malattie più diffuse del nostro tempo non è ormai più un segreto per nessuno. I media discutono abbastanza spesso sulle sue cause e sui vari metodi di trattare la depressione, ma nella maggior parte dei casi sembra che si tratti solo di trovare lo psicofarmaco più adatto a ciascuno. Gli psichiatri affermano che finalmente si potranno produrre dei farmaci che non diano più alcuna dipendenza e non producano effetti collaterali, e così il problema parrebbe risolto. Se la soluzione fosse cosi facile, perché allora tante persone continuano a soffrire di depressione? “[2].
Per coloro che da piccoli sono stati usati per soddisfare i bisogni parentali riconoscere i bisogni e i sentimenti primari non è affatto una cosa scontata: tanti individui perdono del tutto il contatto con il bambino che sono stati un tempo. In realtà questo contatto non l’hanno mai avuto veramente ma con il passare degli anni diventa più difficile accedervi.
Quando finalmente affiorano le emozioni negative rimaste intrappolate nel corpo da decenni, non bisogna temerle. Paura, tristezza, rabbia, ribellione, odio, delusione per la fiducia tradita esprimono il risveglio della vita, del non essere più disposti a tollerare l’ipocrisia e la finzione. Troppo spesso tuttavia – evidenzia la Miller – si incontrano terapeuti che hanno paura di queste emozioni e rischiano di ostacolare questo processo di liberazione interiore.
Oltre alla depressione, anche l’ansia similmente è l’eco di pericoli e di paure provate un tempo e spostate su altri eventi, situazioni o persone, ma essendo queste antiche paure ed angosce rimaste inaccessibili alla coscienza, continuano a produrre il loro effetto spaventoso, nonostante l’adulto non corra più i rischi del bambino e abbia molte più risorse per padroneggiare situazioni di pericolo senza sentirsi impotente. Queste risorse tuttavia sono solo potenziali e inefficaci fino a quando non si diventa consapevoli della loro origine.
[1] Miller A., 2009, Riprendersi la vita. I traumi infantili e l’origine del male, Bollati Boringhieri Editore, pp.26-28.
[2] Ibid., p.27.