Alice Miller
Psicoterapeuta
Alice Miller (Piotrkow Trybunalski, 12 gennaio 1923- Saint Remy de Provence, 10 aprile 2010) è nata e cresciuta in Polonia; emigrò in Svizzera subito dopo la seconda guerra mondiale nel 1946, conseguendo nel 1953 la laurea e il dottorato in filosofia, psicologia e sociologia.
Successivamente intraprese e portò a termine la formazione come psicoanalista a Zurigo, esercitando per vent’anni tale professione.
A partire dal 1980, anno in cui ha abbandonato la pratica analitica e l’attività didattica, si è dedicata interamente all’attività saggistica, pubblicando diversi libri in cui ha divulgato a un largo pubblico i risultati delle sue ricerche sull’infanzia.
Mediante i suoi libri, articoli, depliant informativi, interviste e risposte a domande che pervenivano al suo sito web, la Miller cerca di mostrare come i maltrattamenti fisici e psicologici inflitti ai bambini non creino soltanto bambini infelici e confusi, non solo adolescenti distruttivi o inibiti e futuri genitori che a loro volta maltratteranno i figli, ma producano anche una società disorientata che funziona in maniera irrazionale.
Tutta la violenza, soprattutto psicologica, subita nell’infanzia trova infatti sfogo nell’età adulta, in forme diverse. Il bambino che è stato disprezzato – ed apprezzato solo nella misura in cui si adattava alle richieste dei genitori – diventa un adulto che disprezza tutto ciò che negli altri gli appare debole, ossia colpisce il bambino che è negli altri, quale proiezione del suo bambino interiore.
Colui che da adulto esercita violenza è stato a sua volta vittima di violenza durante la sua infanzia. La continuazione è resa possibile dalla rimozione: se l’adulto riesce ad accedere alla sua verità più nascosta, quella dei maltrattamenti e degli abusi psicologici subiti nell’infanzia, il circolo vizioso della violenza si spezza. “Ma non è una impresa facile, perché si tratta di rovesciare l’immagine dei propri genitori, di opporsi apertamente ad una lunga tradizione che esige un rispetto quasi religioso nei loro confronti e di giungere ad accusarli apertamente, con le conseguenze emotive che si possono immaginare. […] Nel corso degli ultimi anni l’autrice ha elaborato una concezione terapeutica che invita la persona sofferente a confrontarsi con la sua storia personale, per lasciar emergere, rivivere ed eliminare da un lato la paura del dolore provata dal bambino che è stato usato, una paura inconscia ma ancor sempre attivissima, e dall’altro la rabbiosa e legittima indignazione. In tal modo l’individuo potrà crescere davvero e diventare autonomo. E’ infatti proprio questa paura infantile di fronte ai genitori onnipotenti a spingere gli adulti a maltrattare i propri figli o a vivere afflitti da gravi malattie e a minimizzare le crudeltà subite un tempo. Esistono oggi innumerevoli offerte esoteriche e «spirituali» che servono soltanto a occultare il dolore per le torture subite nel passato. L’autrice ritiene invece che il fatto di rendersi conto di quelle torture, nonostante gli aspetti di tristezza, contenga spunti di grande ottimismo, perché apre le porte alla coscienza e alla percezione della realtà infantile e con questo libera l’adulto dalle sue paure infantili e dalle relative conseguenze distruttive”[1].
Per approdondimenti in questo sito:
Vita e opere;
Psicoterapia milleriana;
Il pensiero clinico in sintesi.
[1] Vigilante Antonio, Educazione e violenza in Alice Mille, http://educazionedemocratica.org,, file pdf p. 276 e seg.